Applausi a Canda per lo straordinario spettacolo-narrazione di Matteo Caccia e Stefano Mancuso, ospiti di “Tra ville e giardini”

Come le piante insegnano, i confini non esistono in natura

Canda (RO) – Nell’ambito della XXIII edizione di “Tra ville e giardini 2022”, itinerari di musica, teatro e danza nelle ville e nelle corti del Polesine, è stato proposto lo straordinario spettacolo-narrazione, “I confini non esistono, nuovi confini da conquistare ed Inarrestabili, piante senza confini”, con l’attore Matteo Caccia e il neurobiologo vegetale di fama mondiale Stefano Mancuso.

Il luogo prescelto è stato uno spazio sconosciuto ai più, per la prima volta nella rassegna polesana: la residenza detta “Le Campagnole”, che fu proprietà della famiglia veneziana Nani di Altino, la stessa che fece edificare la celeberrima Villa Nani Mocenigo di Canda alla fine del XVI secolo, quando i nobili veneziani realizzarono le grandi bonifiche del Polesine, e trasferendosi sulla terraferma crearono l’uso della villa in campagna nel Veneto.

Uno spettacolo di narrazione incrociata, nato durante il Covid, che alterna il racconto dei due esperti nei loro ambiti: la narrazione botanica e quella delle persone in un filone contemporaneo di intrattenimento culturale, che unisce teatro ed arte, col rigore della divulgazione scientifica.

Stefano Mancuso e Matteo Caccia insieme per la prima volta sul palco, hanno intrecciato storie di piante e storie di uomini che hanno come comune denominatore quello dei confini fisici o confini mentali, luoghi nei quali sembrerebbe impossibile accedere, dove invece uomini e piante riescono a spingersi.

In un momento storico in cui varcare i confini è considerato un errore, a rischio della vita, Mancuso e Caccia attraverso le storie di alberi o arbusti, uomini o donne, restituiscono un’antica verità che sembra ormai impronunciabile, ossia che i confini sono una convenzione, un’invenzione dell’uomo, perché “in natura i confini non esistono”.

Stefano Mancuso

Il professor Mancuso ha parlato di piante alofite, che vivono soltanto nell’acqua del mare, i cui semi vengono trasportati galleggiando, o dal vento, per arrivare all’isola che non c’è, una massa rocciosa, prima definita sterile, mentre ora, dopo 45 anni, sono presenti trenta specie stanziali.

Poi ha continuato parlando degli alberi esposti alla bomba atomica a Hiroshima, e sopravvissuti, chiamati ”Bakuimoku”, quali il ginkgo biloba, l’albero della canfora, e il più vicino, un salice piangente distante 370 metri dall’ipocentro dell’esplosione, come raccontato dal Console del Giappone, uno dei quattro bambini superstiti su centoventi presenti allora in una scuola, incontrato dal professor Mancuso in un ristorante.

La storia continua con i datteri trovati dagli archeologi a Masada, la fortezza edificata da Erode, dai cui semi germinati dopo oltre 2000 anni, due ricercatrici ottennero nel 2012 una pianta di palma, purtroppo improduttiva perché maschio, chiamata Matusalemme. Oppure l’acacia del Teneré, albero sacro per i carovanieri Tuareg, investito due volte in quindici anni da un camion, unica pianta presente in quel territorio del deserto del Sahara; o il giacinto d’acqua dell’Amazzonia, pianta bellissima ma infestante, che Frederick Russel Burnham, fondatore dei Boy Scouts of America, voleva debellare, importando ippopotami dalla Rhodesia, ma il progetto non andò in porto e comunque non avrebbe avuto alcuna valenza scientifica.

Matteo Caccia

Matteo Caccia invece ha raccontato della nave mercantile Vlora assalita a Durazzo da ventimila persone in fuga dall’Albania, che costrinsero il comandante a sbarcare l’8 agosto del 1991 a Bari; tra di loro c’era il ballerino Kledi Kadiù, dell’Opera di Tirana.

La storia continua con la vita di Venanzio Gibillini, deportato a venti anni a Dachau perché disertore della Repubblica di Salò, testimone della Shoah, morto a 98 anni: “Non c’è limite al male, ma raccontarlo aiuta a sopravvivere”; oppure la storia delle panchine dell’amicizia, di colore giallo, dal 2006 nei parchi dello Zimbabwe dove le nonne, persone che hanno attraversato il tempo, preparate dai pochi psichiatri presenti nello Stato, ascoltano le persone depresse che hanno tentato il suicidio.

Per concludere la storia di un appartamento di Manhattan, della vita dietro una sua finestra, o dell’illustratore ucraino di 23 anni, scappato dal suo paese, perché gay e antimilitarista, riuscito finalmente a scappare dall’esercito russo, come comunicato su Telegram, passando per la Polonia e arrivato finalmente in Canada, per iniziare una nuova vita.

Un bellissimo racconto di botanica e umanità, che può sembrare una utopia, ma se le piante e le persone sono libere di muoversi, sono anche più felici.

Matteo Caccia è attore e produttore di contenuti e format per la radio; negli ultimi anni sta conducendo la fortunata trasmissione “Linee d’ombra” per Radio24. Stefano Mancuso è uno scienziato di fama internazionale: botanico, docente all’Università di Firenze, direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale (Linv), che è una nuova disciplina che studia i segnali e la comunicazione presente nelle piante a tutti i livelli di organizzazione biologica, dalla singola molecola alle comunità ecologiche. Nel 2013 il “New Yorker” lo ha inserito nella classifica dei “world changers”, gli uomini che cambieranno il mondo. Tutto grazie ai suoi studi nel campo della neurologia vegetale che lo hanno portato ad essere tra i primi sei scienziati al mondo a sostenere che le piante hanno una forma d’intelligenza e compiono incredibili viaggi: sono in grado di percepire e rispondere alle variabili presenti nell’ambiente; e sono in grado di elaborare le informazioni, poiché presentano dei sistemi di trasmissione di segnali elettrici e chimici, simili a quelli dei sistemi nervosi degli animali.

Da sinistra, Stefano Mancuso e Matteo Caccia