ROVIGO – Molto più di un semplice lavoro, quella di infermiere è una professione che due anni di pandemia hanno descritto molto bene: le immagini dei volti segnati dalle mascherine e dalla fatica hanno fatto il giro del mondo. Così, nella giornata internazionale dell’infermiere, il vescovo di Adria e Rovigo, Pierantonio Pavanello, ha scelto la casa di cura “Città di Rovigo” per celebrare messa e ricordare come, quando il Covid ha costretto le comunità a mantenere le distanze, gli infermieri sono stati per tutti presenza, cura, umanità.
«Il Covid ha messo in luce l’importanza della professione dell’infermiere e delle professioni sanitarie in genere. Ma li ha anche messi duramente alla prova – ha detto Mons. Pavanello – Tutto questo deve portare chi ha responsabilità di governo a dare il giusto riconoscimento a queste professioni, perché gli errori di programmazione, alla fine si pagano in maniera molto pesante».
A parere del vescovo, «É necessario coltivare la formazione degli operatori sanitari e creare condizioni adeguate in cui possano svolgere la lor funzione di cura, che altrimenti rischia di perdersi. Anche per evitare di trasformarli in mere macchine che arrivano fino ad un certo punto».
«La giornata mondiale dell’infermiere – ricorda a margine della celebrazione l’Ad della casa di cura, Stefano Mazzuccato – cade proprio nel giorno della nascita (12 maggio 1820) di Florence Nightingale chiamata “la dama della lampada” dai soldati chiamati al fronte in Crimea. Lei controllava le corsie improvvisate vicino al fronte, lo stato di ogni singolo ferito, la possibilità di far circolare l’aria, trovava parole di incoraggiamento. Era un punto di riferimento per tutti i suoi malati, ma soprattutto per coloro che svolgevano il lavoro di infermiere, una professione a cui ha fatto fare un salto nel futuro, trasformando un mestiere poco considerato in una professione fondamentale senza la quale nessun sistema sanitario è in grado di reggere».