Materie prime e legge di mercato: solo ora ci si accorge dell’importanza del grano italiano

ROVIGO – L’incidenza della materia prima ‘agricola’ nelle successive attività di trasformazione creerà a cascata ulteriori rincari. Al centro di una protesta apparsa sui quotidiani, c’è anche la questione relativa ai cereali; il rincaro del prezzo del grano ha di conseguenza fatto alzare il prezzo della pasta, oltre che del pane. Da parte dei pastai c’è stata una rivolta sui giornali perché pare non ci sia più margine di guadagno e che ormai il costo della pasta dovrà subire rialzi.

«Ma qualcosa non ci torna – commenta Carlo Salvan presidente dell’Associazione Polesana Coldiretti Rovigo – facciamo un’analisi di quanto affermano i pastai. Fino a qualche anno fa sembrava che il nostro grano fosse ‘non adatto’ per una pasta di successo e l’import dall’estero era indispensabile. Poi succede che il grano estero inizia a costare più di quello italiano e la dura legge del mercato ha visto un paese di un altro continente accaparrarsi le scorte del nostro grano».

«Ma torniamo anche a quanto è accaduto nel passato recente – prosegue Salvan – Mentre una parte dei pastai non acquistavano il grano tricolore, per alcuni pastifici italiani invece c’è stata la lungimiranza e la capacità di comprendere che il consumatore chiedeva una pasta interamente e totalmente italiana. Un altro grande traguardo è stato capire che la presenza di questa indicazione in etichetta era vitale, ma soprattutto utile al consumatore per avere la consapevolezza di scegliere. Non tutti erano convinti e mentre il nostro grano, con le aste, finiva in altri paesi, molti pastai italiani continuavano a rifornirsi all’estero. Oggi che la speculazione è diventata globale, piangono quelli che nel frattempo non avevano stretto accordi 100% italiani, perché il grano italiano non costa come quello canadese».

«Il prodotto del lavoro agricolo è il cibo – affonda Salvan – soddisfiamo un bisogno primario per la vita di tutti noi. Accanto a questo, la cornice del nostro lavoro si chiama ‘Made in Italy’, un valore al quale abbiamo contribuito tutti ad accrescere e che vogliamo custodire e proteggere anche con i denti. Gli agricoltori sono abituati da sempre ad affrontare le difficoltà più svariate. Un giorno ci sono i problemi climatici e lo sfasamento delle stagioni, un giorno ci sono i rincari delle materie prime come sementi e gasolio. Sono tempi difficili per tutti. Ma per tutti dovrebbe essere giunto il momento di tutelare il Made in Italy e continuare a produrre in Italia i nostri alimenti con materie prime italiane. Per fare questo, da tempo, incentiviamo i contratti di filiera, per riconoscere il prezzo giusto alla produzione nazionale, ma anche la qualità che sappiamo dare a queste. Confidiamo che un giorno tutti i trasformatori lo capiscano, nel frattempo vediamo migrare il nostro prezioso grano fuori dallo stivale, a chi sa apprezzarne le qualità. E, per concludere, non dimentichiamo che il costo della materia prima agricola incide in maniera minima sul prezzo del prodotto finale, con rincari nell’ordine di qualche centesimo di euro per piatto di pasta mangiato. Centesimi però che fanno la differenza per l’agricoltore, e che negli ultimi anni non ha avuto la giusta remunerazione».