Nella serata inaugurale di “Jazz nights at Casalini’s garden 2019” l’incanto di una musica senza tempo …

Lo spirito di Charles Mingus, a quarant’anni dalla scomparsa, ha incantato il pubblico del giardino Casalini, attraverso la brillante esecuzione della Venezze Big Band e gli splendidi arrangiamenti di Roberto Spadoni

La Venezze Big Band sul palco del giardino di Palazzo Casalini (Foto: Tommaso Rosa)
La Venezze Big Band sul palco del giardino di Palazzo Casalini (Foto: Tommaso Rosa)

ROVIGO – Verrà ricordato a lungo dai fortunati spettatori presenti il doppio concerto inaugurale della sesta edizione di “Jazz Nights at Casalini’s GardenMemorial Marco Tamburini”, festival promosso da RovigoBanca e dal Conservatorio di Musica “F. Venezze”.

Apertasi con l’intensa ma allo stesso tempo godibile esibizione del quartetto del chitarrista sardo Antonio Floris, la serata si è chiusa con l’emozionante crescendo proposto dalla Venezze Big Band diretta da Roberto Spadoni, impegnata in un coinvolgente omaggio a Charles Mingus, irrequieto e geniale maestro del jazz scomparso quarant’anni fa, il 5 gennaio 1979.

C’erano stati prima i saluti di Lorenzo Liviero, nella duplice veste di presidente di RovigoBanca e del Conservatorio, che nell’intervento ha rimarcato lo spirito della manifestazione, fortemente voluta dallo stesso Liviero e da Marco Tamburini «per mettere sullo stesso palco studenti, docenti e artisti jazz affermati, non solo per fare spettacolo ma soprattutto per far crescere il talento e l’esperienza dei giovani musicisti». A seguire era intervenuto il nuovo assessore alla cultura, oltre che vicesindaco, del comune rodigino, Roberto Tovo, secondo il quale «La cultura è strumento di crescita per la città, bisogna perciò partire dalla valorizzazione delle ricchezze che ci sono, come il Conservatorio e il Teatro Sociale, che devono essere messe in rete e a disposizione di tutte le espressioni artistiche e culturali del territorio». Ai saluti istituzionali ha fatto seguito la presentazione del direttore artistico del festival, Stefano Onorati.

Il primo set ha avuto per protagonista Antonio Floris. Trasferitosi a Roma dopo aver concluso brillantemente il Triennio al Venezze, Floris aveva vinto nel 2018 il Premio Marco Tamburini come solista. È stato quindi invitato, com’è prassi per Il vincitore del concorso (riservato quest’anno ai gruppi), ad esibirsi in una delle serate della successiva edizione del festival. Antonio Floris ha accettato l’invito e si è presentato alla testa di un eccellente quartetto, nato all’interno del Dipartimento Jazz del Conservatorio Santa Cecilia di Roma, che ha proposto un set breve ma pregnante e raffinato, con brani di sua composizione (“The house of melted eyes”, “The room of the sea sunset” ed “Headache”), che il sapiente pianismo del giovanissimo Vittorio Solimene ha contribuito a valorizzare. Ha ben supportato i serrati dialoghi di chitarra e pianoforte l’affiatata coppia ritmica formata da Aldo Capasso, contrabbasso, e Federico Orfanò, batteria.

Per il secondo e più importante concerto della serata la direzione dell’orchestra jazz del Venezze è stata affidata a Roberto Spadoni, invitato dal festival a presentare un suo originale progetto incentrato sulla figura di Charles Mingus. Chitarrista, direttore d’orchestra, compositore e didatta, il musicista romano è anche uno dei massimi esperti italiani di Mingus, cui ha dedicato numerosi lavori. Oltre ad arrangiamenti originali di celebri brani del contrabbassista americano, si sono ascoltate composizioni dello stesso Spadoni tratte dal suo progetto Mingus, Cuernavaca”, già presentato in molti festival italiani.

Ha impreziosito l’esibizione della Big Band del conservatorio la voce narrante dell’attore Marcello Brondi che, leggendo stralci della sua celebre autobiografia, “Peggio di un bastardo”, ma anche di interviste e di altri libri a lui dedicati, ha contribuito ad avvicinare il pubblico al Mingus uomo, artista ed intellettuale, senza dubbio una delle personalità musicali più importanti e carismatiche del XX secolo e di tutta la storia del jazz.

È una prova davvero impegnativa per un’orchestra jazz l’esecuzione di partiture mingusiane, che prevedono continui cambi di tempo, ipnotici ostinati strumentali, rallentamenti ed accelerazioni improvvise. Nel jazz di Mingus ribollono e si mescolano elementi di blues, bebop e swing, di musica caraibica e sudamericana, con uno sguardo attento sia al sinfonismo europeo che alle avanguardie del ‘900, ma sempre con un piede fermo nella tradizione musicale afroamericana ed un mai nascosto amore per Duke Ellington.

Il direttore della Venezze Big Band, Massimo Morganti, è stato per l’occasione il magnifico primo trombone di due brillanti sezioni di ottoni, superando se stesso in uno straordinario solo con sordina plunger che ha aperto nel migliore dei modi la splendida ballad Duke Ellington’s Sound of Love, poi cantata da Gianni Sarchi, così come Anna Tagliabue aveva messo la sua voce al servizio della dolcissima Goodbye Pork Pie Hat, ed il sassofonista Alessandro Bolsieri era stato fra i protagonisti di un’ironica e trascinante Fables of Faubus.

Gli applausi a scena aperta di un pubblico partecipe ed entusiasta, pienamente meritati, hanno convinto Spadoni e l’orchestra a regalare, nonostante fosse già stata superata la mezzanotte, un graditissimo fuori programma: “Nostalgia in Times Square “, un brano noto al pubblico anche per essere stato sigla di Doc, trasmissione televisiva con Renzo Arbore e Gegè Telesforo.

L’attesa è ora tutta per giovedì 4 luglio: la seconda serata del festival propone il Blue Flow Ensemble guidato dalla giovanissima cantante Sara Simionato, studentessa del Venezze, e soprattutto il piano solo di Danilo Rea, da tempo indiscusso protagonista del jazz italiano.